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Olimpiadi, sci alpino: debacle per i velocisti tra polemiche e risultati mancati

L'Olimpiade di Pechino oltre a non portare medaglie, ha portato un carico di polemiche tra gli specialisti delle discipline veloci.

Non è solo una questione di mancate medaglie che gli uomini jet italiani non hanno raccolto a Pechino; ma anche e sopratutto una questione di fratture interne ad impensierire il mondo della velocità sugli sci.

Quelle di Pechino sono sicuramente delle Olimpiadi da dimenticare per tutta la squadra della nazionale di sci alpino;  a partire dagli atleti, ma anche per l’entourage tecnico e per i vertici stessi. Alla mancanza di risultati sulle piste, si sono aggiunte le polemiche, tante, legate sopratutto alla questione dell’esclusione di Mattia Casse e dell’outing di Matteo Marsaglia: ma torniamo indietro a quando gli atleti dovevano ancora imbarcarsi sul volo per Pechino.

L’esclusione di Mattia Casse ed un regolamento (probabilmente) incompreso.

Ogni nazione che partecipa ad una Olimpiade, ha il diritto di portare un numero prestabilito di atleti; numero che è sancito da un ben preciso regolamento, noto e presente fin dalla notte dei tempi. Nel caso dell’Italia il numero di atleti che possono partecipare nello sci alpino è quantificato in sette unità. Molti meno rispetto ai cugini francesi (10), piuttosto che agli 11 di Austria e Svizzera, ma non è questo il punto, (almeno non ora).

Il problema è sorto nel momento in cui i vertici della nazionale hanno selezionato i sette atleti, escludendo da questa lista Mattia Casse. Il piemontese ovviamente non ha preso proprio benissimo la notizia, ed ha dato sfogo alle proprie perplessità riguardo alla scelta fatta. C’è da dar atto che la stagione di Casse era stata tutto sommato buona. Nono nel SuperG di Beaver Creek, poi in Gardena il discesista era entrato per la prima volta in carriera nella top-ten con un’ottimo settimo posto nella libera, dopo essere partito con il pettorale numero 34.

Mattia Casse - polemiche Pechino

Mattia Casse esulta dopo l’arrivo in Val Gardena (Foto: Roberto Tommasini)

A Bormio, nonostante il lutto dovuto alla perdita del padre solo qualche giorno prima delle gare, aveva ottenuto comunque un’altrettanto ottimo decimo posto in SuperG; è vero, è mancato qualche risultato nelle ultime gare stagionali di Kitzbuhel, Wengen, dove invece aveva fatto ben sperare Tommaso Sala che aveva raccolto un sesto ed un settimo posto. Da qui la decisione da parte dello staff tecnico di escluderlo dalla lista dei partenti per Pechino.

Casse vola comunque a Pechino, in attesa di un ripescaggio che non c’è. Poi il fattaccio con protagonista Matteo Marsaglia.

Arriva il momento di partire e con sorpresa, al gate dell’aeroporto si presenta anche Mattia Casse. Il perché è semplice, in casa Italia si spera in un ripescaggio dopo la bufera scoppiata a seguito delle gare di qualificazione di Dubai, Kolasin e Malbun. Ma che cosa è accaduto in queste tre gare? Si parla di minacce, corruzione e imbrogli atti a far qualificare atleti di paesi che non hanno mai visto in vita loro un solo fiocco di neve.

Con quale fine?? Semplice… Quello di redistribuire i fondi ai vari comitati olimpici nazionali e potenzialmente allargare il giro di introiti derivanti dai diritti televisivi. Ma realmente, che cosa è successo su quelle piste? Si sono visti atleti di buon livello “dimenticarsi” di come si scia e atleti (poco più che dilettanti) ottenere punteggi degni del miglior Kilde.

Mattia Casse

Mattia Casse (Foto: Giorgio Panacci)

La più eclatante è stata la gara di Dubai che si è svolta in una pista indoor lunga solo 400 metri. In quell’occasione, quattro degli atleti con i migliori ranking al cancelletto di partenza (tra cui anche l’italiano Federico Vietti) hanno tutti prestazioni decisamente inferiori alle loro abituali potenzialità; ne consegue che a Dubai conquistano il pass olimpico un indiano, un kirghizo e il saudita Salman Alhowaish; atleta che entrerà nella storia per essere il primo saudita a presentarsi al cancelletto di partenza di una olimpiade nello sci.

Ma non è finita qui… Gli atleti italiani sono già tutti a Pechino, il CIO non prende alcuna decisione in merito alle presunte irregolarità delle gare di qualificazione, e in casa Italia scoppia un’altra bufera. Matteo Marsaglia molto onestamente e candidamente dichiara ai media di aver ricevuto pressioni da parte del DS Massimo Rinaldi; il quale lo invitava a “dichiararsi” malato con il fine di poterlo sostituire al cancelletto di partenza del SuperG; guarda caso, proprio con Mattia Casse.

Matteo Marsaglia si presenta regolarmente alla partenza, sia della libera (chiusa al quindicesimo posto) che del superG che chiude invece con il diciottesimo tempo, il migliore tra gli azzurri in gara.

Un team, quello della velocità, da rifondare completamente.

Se i risultati di Pechino sono stati deludenti, ancor più lo sono solo le prospettive che il team azzurro delle discipline veloci lascia intravvedere per il futuro e per le prossime Olimpiadi invernali che si terranno nel 2026 proprio in Italia. Innerhofer con le sue 37 candeline non sarà della partita come probabilmente non lo sarà Marsaglia che di anni ne ha 36.

Anche Dominik Paris, atleta di assoluto spessore, non è più giovanissimo (ad aprile spegnerà 33 candeline). Il fatto però, che sia la libera che il superG delle prossime Olimpiadi si terranno sulla Stelvio di Bormio potrebbe giocare a suo favore e vederlo ancora partire con il coltello tra i denti dal cancelletto di quella che rientra tra le piste favorite dallo sciatore della Val d’Ultimo.

All’orizzonte non si vede altro, lo stesso Mattia Casse ha oggi 32 anni e comunque le sue prestazioni sono ben lontane dal podio; Emanuele Buzzi arranca tra un’infortunio e l’altro, mentre Florian Schieder è fermo ai box da quasi due anni. Dopo la rottura del crociato, rimediato ai mondiali di Cortina; l’atleta della Val Gardena ha dovuto sottoporsi in autunno ad un nuovo intervento chirurgico al ginocchio. Ancora più seria la situazione di Alexander Prast che sta ancora facendo riabilitazione dopo il terribile incidente subito in Val d’Isere nel 2020 e che lo ha visto anche finire in terapia intensiva a causa di una sindrome compartimentale.

 

Emanuele Buzzi dolorante dopo la caduta rimediata poco prima dell’arrivo della libera in Val Gardena. (Foto: Roberto Tommasini)

Nessuna luce si intravede nei campionati minori, coppa Europa compresa. Se l’Olimpiade di Milano-Cortina è ancora tanto lontana, allo stesso tempo la mancanza di un vivaio promettente non fa ben sperare per il prossimo appuntamento olimpico. Uno sciatore capace di arrivare a podio non salta fuori dal nulla e sopratutto non si crea in pochi anni.

Quello delle discipline veloci è un team che ha regalato all’Italia in passato molte soddisfazioni; ma oggi è arrivato ad un punto cieco e buio della sua storia, fatto non solo di mancanza di risultati, ma anche e sopratutto di tanti lati oscuri dietro alle quinte.

Il movimento degli uomini jet va urgentemente rifondato a tutti i livelli; non solo in pista, nella speranza che non sia già troppo tardi per essere nuovamente competitivi per le prossime Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026.

Foto e articolo di Roberto Tommasini per LiveMedia24/LivePhotoSport 

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