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Doping nello sport: il caso Moraschini e come si danneggia un giocatore professionista

Il 15 ottobre 2021 è stato sospeso e il 3 gennaio del 2022 squalificato dal Tribunale Nazionale Antidoping per positività alla sostanza Clostebol Metabolita riscontrata nel controllo fuori competizione del 6 ottobre 2021.

Riccardo Moraschini dal 2019 fa parte della rosa della AX Armani Exchange Olimpia Milano dal 6 ottobre è al centro di una “triste” vicenda di doping.

Nella stagione 2018/19 fu nominato “Giocatore dell’Anno” e l’anno scorso ha partecipato alle Olimpiadi di Tokio con la Nazionale. Insomma, un giocatore professionista, esperto e vincente.

Riccardo Moraschini doping

Riccardo Moraschini, giocatore della AX Armani Exchange Olimpia Milano, squalificato per doping 4 mesi fa, in attesa dell’appello

 

Il 15 ottobre 2021 è stato sospeso e il 3 gennaio del 2022 squalificato dal Tribunale Nazionale Antidoping che ha accolto la richiesta di squalifica avanzata dalla Procura Nazionale Antidoping per positività alla sostanza Clostebol Metabolita riscontrata nel controllo fuori competizione del 6 ottobre 2021.

Cosa è accaduto?

Possibile? Cosa è accaduto? Moraschini è professionista da 15 anni, conosce molto bene i rischi connessi al doping. La stessa Procura, in fase preliminare, aveva riconosciuto la involontarietà del fatto che ha portato alla positività; ossia una “contaminazione diretta (da contatto) con un soggetto che stava utilizzando uno spray contenente la sostanza classificata come dopante e regolarmente acquistato in farmacia”.

Riccardo Moraschini doping

Moraschini è stato sospeso per un anno ed è ricorso in appello, la cui data è fissata al 18 febbraio. Intanto, da quasi 4 mesi, il giocatore non si può neppure allenare con la sua squadra. È come se fosse appestato. L’Armani Olimpia Milano non lo può ovviamente utilizzare ed è dovuta andare sul mercato ingaggiando Tommaso Baldasso per sopperire al vuoto creato dalla squalifica. Con costi aggiuntivi. Stiamo parlando di professionisti.

Moraschini ad oggi ha dovuto saltare circa 25 partite tra Campionato e Euroleague. Quando sarà riammesso dovrà allenarsi duramente per rientrare nelle rotazioni della squadra, cosa che potrebbe richiedere diverse settimane se non mesi. Dal “doping” involontario lui non ha tratto alcun vantaggio fisico.

Caso simile

A giugno 2019 ci fu un altro caso simile, sempre ad un cestista della Armani Olimpia Milano, Christian Burns, che oggi gioca a Brescia. Anche lui risultò positivo allo stesso tipo di sostanza anabolizzante; solitamente contenuta in creme e spray per uso topico, cioè attiva per via locale: l’azione farmacologica si esplica direttamente sulla cute o la mucosa dove viene applicata. Tipici sono i medicinali per la rigenerazione del tessuto cutaneo a seguito di lesione, ustioni o escoriazioni.

 

Questi medicinali hanno sempre l’indicazione “DOPING” sulla confezione, proprio per informare riguardo il rischio. Ovvio che se, per ipotesi, la mia ragazza usa una crema cutanea potenzialmente “dopante” e io entro in contatto proprio con quella zona, il rischio che ad un test su di me la sostanza venga rilevata è elevato.

A fine luglio 2019 Christian Burns (dopo 2 mesi di sospensione e a campionato già terminato…) fu però assolto con formula piena. La Procura e il Tribunale Nazionale Antidoping avevano appurato la buona fede del cestista.

Moraschini invece è fermo da quasi 4 mesi, nel periodo clou della stagione, proprio mentre la sua squadra è in affanno a causa dei tanti impegni in Italia e in Europa.

Cosa dice il protagonista

Tutta questa storia è paradossale “Sono pulito  racconta Moraschini in una intervista a Il Resto del Carlino del 4 gennaio – e per questo mi appellerò contro una decisione che sento profondamente ingiusta. Farò ricorso perché non ho fatto nulla di male e anche la Procura Nazionale Antidoping ha riconosciuto che la mia positività non è dovuta ad un fatto intenzionale.” E aggiunge Sono diventato positivo per una contaminazione indiretta, per osmosi. Una persona che ho frequentato assiduamente stava usando uno spray cicatrizzante consigliato da un farmacista per curare una ferita. Quel medicinale conteneva il Clostebol, una sostanza proibita solo in Italia e in Sudafrica, e per la sua volatilità è come se l’avessi assunta anche io. È stato accertato senza ombra di dubbio che i fatti sono andati così, ma questo non è bastato per dimostrare la mia innocenza”.

Riccardo Moraschini al tiro in sospensione.

La carriera a rischio

Non vogliamo qui certo entrare nel merito delle decisioni della Procura e del Tribunale; ma, sulla base delle informazioni disponibili, ma appare evidente che i tempi di questa faccenda sono assolutamente da rivedere: non può e non deve accadere che uno sportivo professionista venga fermato per 2 mesi prima della decisione di sospenderlo e che altri 2 mesi debbano passare per l’appello.

In questo modo si rovina la carriera di qualunque sportivo, gli si sporca l’immagine e la reputazione, si danneggia la società per la quale è tesserato, lo si esclude dalla Nazionale, dalle competizioni e dal mercato.

La possibilità che in ogni caso la carriera di Moraschini sia a rischio è molto forte. Sia chiaro, le regole vanno applicate e se davvero fosse colpevole subirà la giusta punizione, ma sembra proprio che il suo caso sia identico a quello di Burns, il quale fu sospeso a giugno e riabilitato a luglio grazie alla sua buona fede. I due mesi di Burns ci sembrano già tanti… e comunque erano fuori stagione.

Come è possibile che nel professionismo i tempi siano così dilatati? Il rischio di rovinare un atleta dovrebbe far sì che si parli di giorni, al limite poche settimane, non mesi!

Siamo certi dell’innocenza di Moraschini e confidiamo che dal 19 febbraio potrà tornare ad allenarsi coi compagni per dare una mano alla Armani Olimpia Milano impegnata su più fronti e con l’infermeria ancora affollata da infortuni. Forza Riccardo, la pallacanestro ha bisogno di te.

Articolo e foto di Savino Paolella per LiveMedia24/LivePhotoSport

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