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Adele: “30” è un capolavoro annunciato

“30” il nuovo album studio di Adele, uscito lo scorso 19 novembre, già nei pre-order aveva battuto ogni record, puntando a raggiungere (se non superare…) i numeri dei suoi precedenti lavori.

Il disco è stato anticipato dal singolo “Easy on me

“Dici “nuovo disco di Adele” e ti vengono già i lacrimoni. Basta pensarlo, non serve neanche ascoltare le canzoni.”

E questo perchè ci ha abituato così: video in bianco e nero, arrangiamenti al pianoforte, ma anche viaggi in macchina – stavolta nostri – in cui sfoderiamo drammatici playback. Un immaginario semplice ma fortissimo, costruito disco su disco, numero su numero. Una tombola dei cuori spezzati. 192125 e ora 30: le fasi della vita di una giovane donna messe in musica, e solo in musica. Perché, tra un disco e l’altro, di Adele si perdono le tracce. Utilizzo sporadico di social media, niente stories, ma soprattutto nessuna paura di sparire. Si torna quando si è pronti, e lo si fa nella maniera in cui lo si sa fare: con le canzoni.

 

The Telegraph: Questo è sicuramente il suo album più forte, un lavoro di catarsi, terapia e soccorso. Fa ciò in cui la musica pop è più grande: raccogliere emozioni, focalizzarle e riversarle in canzoni che tutti possono cantare, ma poche sanno cantare bene come Adele.

 

Il nuovo super atteso 30 punta a diventare un classico, e lo fa raccontando il divorzio di Adele. O come dice lei: Divorce, baby. La fine di un amore, i problemi che sorgono in una famiglia che si spezza, il rapporto con il figlio. I trent’anni, per Adele, sono iniziati così (dovessi farlo io un disco, i topic sarebbero: la caldaia, la reunion di Harry Potter, il mutuo. Ma andiamo avanti).


Com’è questo disco?

Dall’iniziale Strangers by nature, che Frank Sinatra avrebbe potuto far sua,  melodia tipicamente anni 30. Si passa a Easy on Me, che conosciamo già da un po’. In My Little Love, canta al figlio «Mama’s got a lot to learn», tra cori e arrangiamenti un po’ 70s. E in quella frase c’è un po’ il senso dell’album, che altro non è che l’analisi delle fasi post divorzio, l’accettazione del fatto che la vita va rimessa insieme.

Adele si interroga, si mette in discussione, ci regala il suo trauma. Senza, però, cercare colpevoli.

«Quando mi sveglio ho paura all’idea di affrontare la giornata.Preferirei stare a casa da sola. Berci su».

«Ho creato questa tempesta. È giusto che io debba sedermi sotto la sua pioggia»,

Adele 30

In Cry Your Heart Out, un R&B di classe purissima, gli arrangiamenti reggae che ricordano un po’ gli albori della sua carriera, quando Amy Winehouse era al top della classifiche e Adele forse sognava di diventare come lei.
C’è l’Adele che conosciamo, come quella di I Drink Wine, in cui dice «When I was a child every single thing could blow my mind / Soaking it all up for fun but now I only soak up wine».

Tra i suoi collaboratori, tornano Greg Kurstin e Ludwig Göransson, Tobias Jesso, Max Martin e Shellback. Ma anche il produttore londinese Inflo, all’opera con la chitarra acustica di Woman Like Me, brano soffuso, voce calda e pastosa dai toni jazz, e pure su Hold On, dal vago sapore anni ’90. I fan ameranno To Be Loved, in cui tutta la sua incredibile voce viene fuori accompagnata solo da un pianoforte: «Che si sappia che ho pianto per te».

Il disco si chiude come era cominciato, con Love is a game, con archi in apertura la bellezza di un mondo antico, brano epicamente soul.

 

Entertainment Weekly: Un disco sorprendentemente personale che mostra come Adele è maturata, sia come artista che come persona, dalla metà dell’ultimo decennio. Avrebbe potuto costruire il suo successo da blockbuster in modo cinico, copiando e incollando “Rolling in the Deep” e “Hello”. Invece, lascia che le sue emozioni la guidino, con risultati trionfali.

 

L’immensa voce di Adele in “30” è sempre più matura, sempre più degna delle grandi del passato. Adele, a differenza di tutte, non urla, non è mai sguaiata. La sua voce è sempre controllata, insinuante, vellutata, da grande cantante jazz che si concede appena al pop. Lo sapevamo, ma è bella la conferma che nel nuovo disco non c’è nessuna concessione a incursioni dell’hip hop come fanno molti, o a duetti improbabili con artisti di punta. L’unico a cui lo ha concesso è morto da quarant’anni, il leggendario pianista jazz Erroll Garner . Adele appartiene a un mondo del passato, tramontato, ucciso dal rumore, dalla banalità. Un mondo che però evidentemente non aspetta altro che una cantante come lei, visto che ogni suo disco vende milionate di copie e anche questo sembra destinato allo stesso successo.

Ma non finisce qui. Per l’uscita del disco Spotify ha rimosso il tasto shuffle dalle pagine degli album dopo le dichiarazioni di Adele stessa

“Non creiamo le scalette degli album senza criterio, ci mettiamo impegno e passione anche il questo. La nostra arte racconta una storia e le nostre storie andrebbero fruite così come le abbiamo pensate”

Adele 30

Non sappiamo dire se in 30 ci siano molte delle hit che hanno reso Adele quella che è. Ci vogliono più ascolti, più tempo. Quello a cui sembra di trovarsi davanti è però il racconto di una donna che ha messo il suo cuore sul piatto. Cercando, a tratti, di uscire un po’ da quello che è il suo territorio sicuro, e provando a fare anche qualcosa di nuovo con grandi cori e arrangiamenti soul.

La cosa che traspare più da questo disco, al momento, è la sincerità. La stessa che poi Adele sembra mettere nelle sue – poche – interviste, in cui viene fuori il suo essere davvero super british, nell’umorismo, oltre che nell’accento.

Maria Celeste Bellotti per LiveMedia24

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