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Manlio Maresca e “L’importanza inderogabile del mio rendez-vous”

Un titolo decisamente importante, quello del nuovo lavoro discografico di Manlio Maresca, che oggi incontriamo, intervistato dalla nostra Alessia Giallonardo.

“L’importanza inderogabile del mio rendez-vous” è il titolo del nuovo lavoro discografico di Manlio Maresca. Maresca ha fatto dell’estetica del rumore e della poetica dell’errore due componenti fondamentali della sua musica.

Ad anticipare “L’importanza inderogabile del mio rendez-vous”, di Manlio Maresca, i singoli “Le mie cose” e “Hope is a trap”.

Vi lasciamo alle parole di Manlio Maresca e al racconto del suo amore per la musica, per questo nuovo progetto.

Ti ringraziamo per aver accolto il nostro invito, Manlio parlaci di come ha avuto inizio il tuo percorso in musica?

Tutto ebbe inizio alla tenera età di otto anni. Come ogni giorno, dall’uscita di scuola a casa mia, effettuavo sempre lo stesso tragitto che prevedeva il passaggio davanti ad una caserma dei carabinieri ed un negozio di strumenti musicali. Quel breve tratto di strada rappresentava il dualismo della vita, il giorno e la notte, l’uomo e la donna ma soprattutto il bene e il male. Da una parte c’era l’accademismo arido, la burocrazia salmastra e paludosa e dall’altra c’era la vita, la scoperta di qualcosa che già da tempo mi turbava profondamente. Ma soprattutto c’era lei, quella che è ancora oggi la mia prima ed unica F.stratocaster. Lei era sempre lì, in vetrina, bella, bianca, immacolata, con quell’odore acre tipico dell’acero. Ero solo, lei anche e qualche tempo dopo decisi di comprarla. Non ci siamo più separati. Iniziammo negli anni 90, con A.C.N.E., successivamente, Neo, Squartet e via via tutte le altre avventure.
Quali artisti hanno guidato il tuo voler essere artista e con quali di essi ti piacerebbe poter duettare, in futuro?
Tra le mie band assolute preferite ci sono i Primus, i Contortions, Fugazi, Fred Frith Hella, Lighting Bolt poi contemporaneamente Stravinski, mio mentore assoluto, Coltrane e un’infinità di musicisti jazz. Se mi capitasse di duettare con Les Claypool non chiederei più niente alla vita.
“L’importanza inderogabile del mio rendez vous” è il titolo del tuo ultimo lavoro. Cosa puoi dirci a riguardo?
Questo titolo riguarda la mia passione per il cinema nostrano di un certo periodo. Ci sono riferimenti a Nino Rota, a Fellini, Dino Risi, Gassman e De Sica. Un Redez-Vous inderogabile.
Si dice che tu abbia fatto “dell’estetica del rumore e della poetica dell’errore” due componenti fondamentali della sua musica, del tuo percorso. Lascio a te la parola a riguardo…
L’errore ha mille valenze, prima tra tutte il fattore imprevisto, incappo in un errore ed ho un elemento inaspettato e nuovo, ne prendo nota, tiro avanti continuando a sbagliare. Alla fine commetto tante di quelle scorrettezze che tutto si regge in un equilibrio che aderisce con precisione alla mia idea. Stesso per il rumore, leggiamo cosa riporta il dizionario a proposito di questa nomenclatura:Fenomeno acustico, che non ha caratteristiche musicali”. In questa definizione vediamo insinuarsi come qualcosa di peccaminoso. Se la definizione istituzionale è questa, allora sbaglio ed affermo che “il rumore è un fenomeno acustico più che musicale”.
Negli anni hai dato vita al gruppo “Neo” e, successivamente, agli Squartet, con cui hai realizzato tour importanti, in giro in ogni dove. Quali sensazioni ti legano ancora a loro, alla musica realizzata in quel periodo?
In prima istanza l’amicizia, i ricordi delle mille avventure in giro per mezzo mondo. Per quanto riguarda la musica, mi limito a riascoltarla, a sorprendermi per alcune cose e vergognarmi di altre.
Il 2013 ti ha portato a prendere parte all’Orchestra Operaia di Massimo Nunzi. Tanti, di conseguenza, gli artisti con cui hai avuto modo di collaborare: Gabriele Coen, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Niccolò Fabi, Paolo Fresu, Greg Hutchinson. Che esperienza è stata?
Divertente il poter plasmare il mio distorto carattere musicale e timbrico. Ciò mi ha fatto sentire quasi un attore che recitava diversi ruoli, come un pornodivo che a volte si mette a fare anche film “normali”.
Hai avuto modo, tra l’altro, di suonare anche sul palco del primo maggio.. .
Si, quell’anno fu una sorta di elogio funebre a due grandi scomparsi, allora di recente, Prince e Remo Remotti, carissimo amico e personalità creativa multiforme con il quale ho collaborato negli ultimi 17 anni della sua vita.
Cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico?
Questa è una domanda assai scomoda perché non credo molto nel futuro. Posso quindi asserire che sto lavorando a dei progetti per il passato.

 

Alessia Giallonardo per LiveMedia24

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