The Things You Kill, la recensione

Patriarcato e modernità in un affresco vivido ed inquietante

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The Things You Kill del regista iraniano americano Alireza Khatami

Dal dramma familiare al thriller psicologico, The Things You Kill, il terzo film di Alireza Khatami è una visione forte ed inquietante. Girato in Turchia, ricostruisce un ambiente familiare tradizionalista caratterizzato da un padre violento e una madre invalida. Il giovane protagonista Ali si dibatte nel cercare un destino di vita alternativo al passato, per contrastare le forme patriarcali di cui è intrisa la propria società. Ma il dramma è annunciato già dai primi dialoghi ed il percorso filmico approda in orizzonti in cui i personaggi si sdoppiano, danno vita a comportamenti crudi, irragionevoli, quasi allucinati.

Il regista Alireza Khatami, che ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura a Venezia Orizzonti nel 2017 con Oblivion Verses, mentre nel 2023 ha portato a Cannes, in Un Certain Regard, Kafka a Teheran, ora con The Things You Kill, coproduzione tra Turchia, Francia, Polonia e Canada, riceve il premio Migliore Sceneggiatura alla Festa del Cinema di Roma e rappresenta agli Oscar il Canada.

Alireza-Khatami sul Red Carpet a Roma, foto Dammicco

 

Film interessante e complesso

Il suo terzo film, The Things You Kill, prima di essere presentato in concorso alla Festa di  Roma nella sezione Progressive Cinema,  ha debuttato al Sundance nel concorso World Cinema Dramatic. La pellicola, ispirata alle vicende familiari del regista iraniano residente in Canada, si apre con la conversazione di una giovane coppia al mattino. La veterinaria Hazar (Hazar Ergüçlü) racconta al marito di avere sognato il suocero bussare alla porta di casa e una volta disteso a terra chiedere di  spegnere la luce con una strana espressione “kill the light”(uccidi la luce).

I personaggi

Il marito Ali, il protagonista(Ekin Koç), è un pacato docente universitario di letterature comparate, tornato in Turchia dopo un lungo soggiorno all’estero per occuparsi degli affari di famiglia e soprattutto della madre inferma. Il padre Hamit (Ercan Kesal) invece è un uomo autoritario e intrattabile, che vive con la moglie trascurandola e privandola delle cure necessarie, in una casa fatiscente. Ali sta cercando di diventare padre a sua volta, ma la sua capacità di far procreare, come rivelano le analisi, è debole.

Non lo comunica però alla compagna Hazar (Hazar Ergüçlü), creando un clima di equivoci e menzogna. Ha anche una sorella con cui litiga spesso. Alterna la professione di insegnante con il progetto di realizzare una piantagione rigogliosa in una zona arida. Alla fattoria arriva uno straniero, Reza (Erkan Kolçak Köstendil), che gli dà una mano e che sarà coinvolto sempre di più nelle sue faccende. Intanto la madre di Ali, muore in seguito a una caduta e i rapporti tra padre e figlio si fanno sempre più difficili e tesi.

La spirale di violenza

Tornare nel mondo di origine, dopo essere vissuto all’estero per fuggire alle violenze del padre ed alle proprie fragilità, per il protagonista Ali si rivela tutt’altro che facile. L’amore per la madre e la sua morte improvvisa quanto sospetta scatenano in lui forti sentimenti di vendetta. L’insegnante pacato che parla di una traduzione come di un’ uccisione, in modo repentino uccide alcune parti di sé liberando lati nascosti ed oscuri decisamente inquietanti. Nel film i fatti narrati sono costantemente equivoci con uno stile registico e una fotografia ora molto puntuali ora sfocati ed indeterminati. Il percorso  labirintico,  le ellissi narrative  ricordano le ossessioni di Stade Perdute di David Lynch anche se non si è a New York ma in una vallata arida della Turchia  e in una contraddittoria Istambul in cui coesistono vecchie case fatiscenti con edifici moderni e confortevoli.

The Things You-Kill
Ali (l’attore turco Ekin Koc)

 

In questo contesto quasi ossimorico le ossessioni diventano reali, la violenza una spirale che quasi sembra non lasciare scampo. A meno che sia tutto un sogno o un incubo da cui non si può fuggire.

L’origine del progetto

Il film doveva essere girato in Iran ma il progetto è stato bloccato dall’ufficio censura del Paese “per problemi di autorizzazione poche settimane prima di entrare in produzione” (Alireza-Khatami). Quindi le riprese sono state rimandate di circa un anno per trovare nuovi finanziamenti. La Turchia ha reso possibile il film realizzato con un budget molto limitato anche grazie ad un cast di attori noti nel loro paese che “hanno aderito al progetto con tutto il cuore”. 

Emma Borella per http://LiveMedia24.com

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