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Marina Lorenzi: sono la stessa, sulla scena come nella vita

Nella sua vita ha avuto modo di lavorare con personaggi del calibro di Fellini, Gassman e Proietti, ma per Marina Lorenzi la recitazione è prima che un lavoro, una vera propria passione.

Abbiamo il piacere di incontrare Marina Lorenzi, abile attrice di teatro e televisione, che ebbe modo di debuttare ne “I Sette Re di Roma”, per la regia di Proietti.

Una donna forte, Marina Lorenzi, sicura del suo lavoro da attrice, della passione che la lega a questo lavoro.

Parleremo oggi con Marina Lorenzi dei suoi trascorsi artistici e del grande sentimento che la lega al marito, l’attore Riccardo Polizzy Carbonelli.

La ringraziamo per aver accettato il nostro invito, Marina le andrebbe di raccontarci dei suoi inizi nell’ambito della recitazione? 

Dopo essermi diplomata al liceo ho cominciato a lavorare, per un anno circa, come assistente per Agostinucci. Un’esperienza che mi ha resa consapevole, desiderosa di volermi concentrare su altro, e non più sulla scenografia. Ho subito capito che usare il corpo sarebbe stata la mia reale strada. Decisi di prendere parte ad un provino per accedere alla scuola di Gigi Proietti. Restammo in quindici ed ebbi il piacere di poter sostenere il provino con Proietti stesso. Fu Alvaro Picardi, in seguito, a farmi rendere conto di quelle che fossero le mie reali qualità artistiche. Decisi di entrare a far parte della sua scuola, a Siracusa. Furono anni bellissimi, intensi.

Cosa le regalò quel periodo di formazione? 

Mi regalò ancor più consapevolezza. Si prendeva parte, sin dal primo anno, al coro greco, all’Istituto Nazionale di Dramma Antico. Si lavorava tanto, sotto un sole cocente, ed eravamo anche stipendiati. Ancora oggi sento di dover dire grazie a Piccardi per l’incoraggiamento, per tutto. Una volta uscita dalla scuola andai a fare un provino al Sistina per “I sette Re di Roma”, con Proietti e Gigi Magni.

Quali soddisfazioni sono legate al teatro? 

Mi ha ricordato tantissime soddisfazioni il teatro! La forma, probabilmente, più consona a me, la più affine. Dal 1996, poi, ho avuto modo di lavorare con mio marito, Riccardo Polizzy Carbonelli, Abbiamo avuto modo di creare una coppia artistica davvero ben collaudata. Nella realtà, però, non eravamo ancora una coppia.

Quando si sviluppò il sentimento tra voi?

Successivamente, lavorando ad uno spettacolo ad opera di Pirandello. In quell’ambito sbocciò il forte sentimento che ancora oggi ci lega. Siamo cresciuti insieme e da allora non ci siamo più lasciati. Prima della pandemia abbiamo anche avuto modo di esibirci insieme al Ghione, dopo ben quindici anni.

Quali altri incontri artistici, in questo caso, ricorda con piacere?

Ricordo l’incontro con Tato Russo. Parliamo di una persona umana, molto sensibile ed un bravo collega. Se di lui si parla non possiamo che ricordare quanto sia abile come regista, tra l’altro. Lavorammo molto insieme, a Napoli.

Che ricordo ha di Gigi Proietti e di Vittorio Gassmann?

Non posso che avere un bellissimo ricordo sia di Gigi che di Vittorio. Parliamo di persone preparatissime, umane, ed è un vero peccato che oggi non ci siano più. A Gigi devo, in particolar modo, i grandi insegnamenti che ha apportato alla mia persona e nella carriera. Erano i primi anni di approccio alla recitazione e lui per me fu fondamentale, paterno, oserei dire. Vittorio, successivamente, mi seppe dare la stessa fiducia che mi impartì Proietti, seppure non mi avesse mai visto recitare. Mi regalò la possibilità di poter impersonare ruoli femminili di grande rilevanza. In quel periodo tendeva molto a valorizzare le donne ed era una vera gioia poter lavorare con lui. Non ho mai avuto timore nell’affiancarlo.

Cosa può raccontarci, invece, della sua esperienza con Federico Fellini? 

Lavoravo nella moda, come stilista, dopo aver terminato il liceo. Affrontavo un periodo punk, new age, e ricordo che quando mi vide vestita in tale modo Fellini non mi giudicò, anzi. Di straordinario, Federico, aveva la voglia di conoscere, senza alcuna barriera a far da filtro. Ordinò per me un vestito che amava definire “piumino da cipria”, legato ad uno stile anni trenta, ed era molto affabile nei miei riguardi. Ricordo con dolcezza anche il modo con cui dirigeva sua moglie, Giulietta. Eravamo tanti nel suo “Ginger e Fred” ma seppe dare a tutti noi importanza ed un nomignolo.

Posso chiederle chi è Marina nel quotidiano? 

Sono la stessa persona che si ha modo di vedere in scena. Cerco di portare chiarezza e coerenza in ciò che sono e in ciò che faccio, sempre.

Alessia Giallonardo per LiveMedia24

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