Versi in libertà: la nebbia e il 25 novembre

Ben ritrovati a tutti i lettori di lettori di LiveMedia24, In questa rubrica parlerò della nebbia e della giornata Internazionale contro la violenza sulle donne il 25 novembre.

 

Nella prossima rubrica parlerò dell’atmosfera del Natale: se volete inviarmi qualche vostro racconto, foto o disegno, li pubblicherò con piacere!

 

 

LA NEBBIA

Luci soffuse

Nell’alba grigia

Si percepisce già dall’interno

Un velo sottile di particelle

Si insinua nella pianura

Penetra nelle cortecce e negli arbusti

Nel suo odore un acre un po’ neutro

Nella visuale breve

Lasci la tua presenza

Con la tua umidità

In quella palude lontana

Dove sei arrivata

Dante si fermò

 

Foto di Marta Nardi

 

La seconda poesia l’ho scritta pensando a una foto che ho scattato due anni fa

 

LA RAGNATELA

Nell’ offuscata atmosfera

Al lume di candela

Nel giardino circostante

Una ragnatela risalta

Nella nebbia acre del mattino

Ben definita dallo sbalzo di temperatura

Un’opera d’arte si intravede

Nel mezzo del cammino

Con i guanti e il cappello

Mi fermo un’istante

Per assaporare l’opera

In questa particolare cornice

Dove la vita ci sorprende ancora

 

Foto di Eros Rovoletto

 

La terza poesia è della giovane tredicenne Irene che ringrazio molto per il suo contributo.

 

NEBBIA

Bianco velo copre lo sguardo

freddo e accecante come ricordi

nell’anima radica timore e riguardo

che aldilà della nebbia ci sia l’ignoto.

Foschia fitta porta augurio d’inverno

messaggera del tempo in corsa

e la brezza estiva va estinguendosi

lasciando il posto al gelo eterno.

 

Disegno di Marta Rovoletto

 

La quarta poesia l’ho scritta di recente

 

L’UMIDO ABBRACCIO

 

Nella nebbia ti ritrovai

Un acre umidità

Il tuo sorriso in lontananza

I capelli umidi

Il fermo immagine

In un caldo abbraccio

Seguo la goccia sulle tue labbra

Mentre il sole si insinua

Foto di Arianna Rugger

 

Per il 25 novembre 2021 ho scritto questa prosa.

Donne a terra

Senza le scarpe

Senza la dignità

Uccise a tradimento

Dall’uomo della vita

Nella crudeltà più infima

Assaporo gli ultimi respiri

Con il silenzio dei vicini

Ricordando i loro figli

Rivivendo la triste relazione

Non hanno più il tempo di reagire

Questa inumana crudeltà

È in aumento in ogni città

Nella società che non sa più intervenire

Nelle leggi fatte solo per facciata

Questa inaudita violenza

Giace nei fiori della loro essenza.

Nei sorrisi a quattro mani

Nella nascita del bambino

Nel calore familiare

Non si può uccidere

Pensando di possedere i sentimenti altrui

Non si può togliere la linfa ai propri figli

Questi ignobili “signori”

Hanno problemi molto importanti

Nemmeno l’inferno dantesco potrebbe aiutarli.

Le donne invece vanno aiutate dai primi segnali

Le prime violenze

I primi traumi ricevuti

Con il digitale presente

Incastrare l’orco dovrebbe essere più facile

Se il legislatore vorrà

Io adesso volo con i fili

Dei racconti letti e sentiti

Verso quel cielo materno

Verso l’infinito e grazioso

Modo di essere speciale

Come sono le donne

 

Vi lascio questo mio video sulla violenza sulle donne

 

Un  racconto di Marta Paolantonio che ringrazio molto per il suo contributo

 

LA NEBBIA

 

La testa mozzata di un palazzo troneggia oscura sulla stazione ferroviaria, e la nebbia avvolge

tutto di una luce bluastra, facendo sembrare la città un gigantesco acquario.

Alcuni uomini si svegliano presto come ogni mattina, lanciano un’occhiata annoiata al di là del

vetro d’una finestra, ancora troppo sporca per permettere agli occhi di focalizzare al meglio il

paesaggio, e si ricordano che anche quella pulizia è fra la lista di cose da fare ma che vengono

continuamente rinviate, come a sperare che qualcun altro le faccia per loro.

Altri uomini invece non hanno finestre da pulire, né liste di cose da fare a cui rimanere fedeli.

Ne ho visti un paio questa mattina: il treno per Venezia, all’altezza della stazione di Mestre, ha

lentamente iniziato ad arrestarsi per permetterci di scendere, restituendoci l’immagine di una

grande coperta distesa al suolo, sotto la quale giacevano due uomini che, da quel che al momento ho potuto giudicare, erano immersi in un profondo sonno; al loro fianco due addetti alla sicurezza parlavano fra loro guardandosi con preoccupazione. Probabilmente volevano svegliarli per poi esortarli ad abbandonare il loro giaciglio, e questo li rendeva poco sereni.

Dopo pochi secondo di titubanza decisero di agire; li scossero con dolcezza, col timore di rendere il loro risveglio troppo brusco e gli comunicarono le disposizioni da seguire.

I due addetti alla sicurezza si sono avvicinati per farsi sentire nonostante il vociare confuso della stazione. La loro espressione era dispiaciuta, ma decisa. DI sicuro non volevano avere problemi

sul posto di lavoro.

I due uomini, senza fare una piega, ma con un’espressione triste sul volto, si sono piano piano

sollevati sulla schiena, pronti ad abbandonare il loro rifugio di fortuna.

Contemporaneamente il mio treno ha iniziato a camminare per raggiungere la meta.

Quale colpa hanno delle persone che non hanno casa? Quella di non essere riusciti ad adattarsi

ad un sistema corrotto, che ci vuole schiavi del lavoro e della produzione?

Questi due attori, barricati ai lati opposti del nostro campo concettuale, sono entrambi vittime della

guerra al degrado. Due lati di un’unica volontà di sterminio della solidarietà che si dissolve nella

nebbia del malaffare della politica.

Non ci resta che augurarci che i due clochard abbiano trovato un altro posto in cui dormire.

E che le due guardie abbiano preso un buono stipendio

Foto di Marta Nardi

 

Vi lascio questa mia riflessione scritta la notte del 25 novebre 2021

Post di Eros Rovoletto.

Leggi tutte le altre poesie che Eros Rovoletto ha pubblicato su LiveMedia24 cliccando QUI

Prosapoesiaeros rovolettoversi in libertà
Comments (0)
Add Comment