IL TEMPO DI GOLIARDA SAPIENZA

IL CINEMA RISCOPRE L' ANTICONVENZIONALE SCRITTRICE CHE VISSE "FUORI"

Una vita Fuori da ogni convenzione

Fuori è il titolo del nuovo film di Mario Martone, Fuori come la personalità di  Goliarda Sapienza. Donna inquieta ed insofferente che è sempre stata fuori dai giochi, fuori dalle convenzioni. Martone rincorre gli eventi della sua esistenza con occhio disincantato. Affida il suo corpo a Valeria Golino che la incarna, la rilegge. E poi le dà voce, con le sue parole, tratte da lettere, diari, romanzi e appunti scritti su quaderni o fogli occasionali riempiti convulsamente in carcere. Ebbene, Goliarda è stata anche in carcere per un banale furto di gioielli. «Rubavo per avere tempo», disse una volta. «Per poter scrivere». Paradossalmente, solo dietro le sbarre trovò lo spazio per essere libera.

Un’esistenza da film

Goliarda nasce a Catania nel 1924, figlia di due rivoluzionari  socialisti con vocazione pedagogica. Il padre, Giuseppe Sapienza, avvocato dei diseredati, la madre, Maria Giudice, sindacalista instancabile e convinta femminista. «Non aveva mai cucinato né stirato», scrive Goliarda della madre, «ma aveva organizzato scioperi in tutto il Nord». L’infanzia di Goliarda è un esperimento libertario ed utopico condotto in un’Italia che invece si preparava a vivere il totalitarismo fascista. A casa sua si parlava di Marx e Lenin invece che di Cappuccetto Rosso e Pinocchio. La scuola le era sembrata subito una forma di addomesticamento. Preferiva imparare da sola, refrattaria ad ogni forma di regola e disciplina.

Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, vive tra Roma, Milano e Catania. Frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia, recita per Visconti, Bolognini, Zeffirelli. È bella, colta, affascinante. Ma troppo piena di sé per farsi contenere da una scena. Troppo irrequieta ed  autentica per recitare una singola parte imposta da altri. Gli anni del cinema la divertono e la stancano. «Recitare mi piaceva, ma sentivo che stavo sempre in superficie. Io volevo scavare, volevo andare giù, sotto le fondamenta».

Dal set alla scrittura

Così comincia a scrivere. I primi romanzi sono intensi, provocatori e nessuno li pubblica. Sono troppo lunghi, troppo “strani” . E poi c’è quella faccenda del punto di vista femminile: “Scrivi come se una donna potesse dire tutto”, le disse un editore. Lei rispose: «E perché non potrei?» Il mondo editoriale italiano, all’epoca, era poco pronto a una scrittrice che rifiutava la grazia, l’eleganza, la sottomissione. Goliarda era irruenta e spigolosa. Scriveva per necessità, come si respira. «La scrittura mi ha salvata più volte. È la mia fede laica, il mio gesto sciamanico». Ma il suo tratto artistico resta inedito, invisibile.

Negli anni Settanta,  Goliarda Sapienza continua il suo percorso sbieco. Frequenta intellettuali, psicanalisti, lesbiche militanti, ex detenute, gente di strada. Frenetica scrive e, nel frattempo, viene arrestata. Nel 1980 entra a Rebibbia in seguito ad un furto di gioielli. Il carcere diventa L’università di Rebibbia, non un libro sulla reclusione ma sulle donne. “Le donne di Rebibbia non hanno bisogno di teoria. Hanno una pratica della sopravvivenza che ti inchioda. Loro non hanno tempo per i convegni, loro ti guardano e sanno chi sei”. Fuori si ispira soprattutto a questo lavoro.

E poi c’è la sua grande opera: L’arte della gioia. Un romanzo che è un’autobiografia travestita da epopea. Lo scrive tra il 1967 e il 1976 con furia narrativa e lucidità filosofica ma, ancora una volta, nessuno lo vuole pubblicare. Così il manoscritto resta in un cassetto fino agli anni Duemila, quando la casa editrice Einaudi lo rifiuta di nuovo. La Francia si accorge di Goliarda Sapienza nella veste di  una piccola casa editrice, Viviane Hamy, che pubblica il romanzo nel 2005, facendolo esplodere come caso letterario. Ma Goliarda muore il 30 agosto 1996, nella sua casa di Gaeta, amata da chi la frequenta ma non  acclamata da un grande pubblico.

Le opere più importanti

I libri più importanti, oltre a L’arte della gioia, sono Lettera aperta (1967), Il filo di mezzogiorno (1969), L’università di Rebibbia (1983), Appuntamento a Positano (1984), Le certezze del dubbio (1987) e Io e Jean Gabin (1984), pubblicato postumo nel 2010 che è una delle dichiarazioni più belle dedicate al cinema, vale a dire un autoritratto di Goliarda, spettatrice dall’animo adolescente, che si identifica in un divo degli anni ’30.

Una curiosità

Valeria Golino interpreta Goliarda Sapienza nel film Fuori di Martone, ed è anche la regista della mini serie Sky Original intitolata L’arte della gioia (tre premi ai David di Donatello 2025). Ma la liaison con Goliarda inizia molto tempo fa. Citto Maselli, compagno di Sapienza tra il 1946 e il 1965, volle che Golino, per interpretare Storia d’amore (con cui l’attrice vinse la Coppa Volpi nel 1986)  prendesse lezioni di dizione  proprio da Goliarda Sapienza.

Emma Borella per http://LiveMedia24.com

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