Paco De Rosa protagonista del film “L’invisibile filo rosso”

Incontriamo Paco De Rosa protagonista del film di Alessandro Bencivenga, "L'invisibile filo rosso".

LiveMedia24 incontra Paco De Rosa, protagonista del film “L’invisibile filo rosso”, la pellicola ad opera di Alessandro Bencivenga, presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia.

Un film che narra le storie di un giovane infermiere, Gennaro, che lavora in un manicomio e scopre, poco a poco, la realtà degli internati.

Vi lasciamo alla nostra intervista, alle parole di Paco De Rosa, ai desideri circa il suo futuro artistico.

Ti ringraziamo per aver accolto l’invito di LiveMedia24, Paco. Questo ruolo in “L’Invisibile Filo Rosso” segna un cambio di registro notevole, passando dalla comicità che ti ha reso celebre sul web a un dramma intenso, forte. Come ti sei preparato per affrontare questo personaggio così lontano dalla tua abituale cifra artistica?

È un ritorno alle origini, perché nasco come attore drammatico e in passato ho già avuto modo di interpretare ruoli intensi, lontani dalla comicità. Questo progetto mi ha permesso di riscoprire proprio quella parte del mio percorso, consentendomi di rimettermi in gioco con un linguaggio diverso, anche se non estraneo. Ho affrontato il tutto con grande concentrazione e serietà, lavorando su emozioni e fragilità profonde, proprio perché sentivo il bisogno di tornare a quella radice artistica che mi appartiene da sempre.

Il film tratta il delicato tema dei manicomi negli anni ’50, un sistema che ‘annullava l’individuo’. C’è stato un aspetto della storia di Gennaro, il tuo personaggio, che ti ha particolamente toccato tanto influenzare la tua performance?

Mi ha toccato, per lo più, la capacità che Gennaro ha di vedere oltre ciò che la società ci invita a fare. Nel pieno di un sistema che tendeva ad annullare l’individuo, lui è riuscito a scorgere e riconoscere l’umanità dell’essere umano nascosta dietro le mura del manicomio. Questa sua sensibilità e profondità di sguardo hanno influenzato molto la mia interpretazione, perché mi hanno spinto a restituire non solo il dolore, ma anche la dignità e la forza silenziosa di chi non si lascia cancellare.

Hai dichiarato che interpretare Gennaro ha rappresentato una “sfida enorme e un atto di crescita personale”. In che modo questa esperienza ha cambiato la percezione del mestiere che vivi, così come le tue ambizioni future?

Avevo quasi dimenticato quanto fosse toccante lavorare con il drammatico. Interpretare Gennaro mi ha permesso di riscoprire questa dimensione e di ricordarmi quanto possa essere potente, emozionante. Ha rappresentato una vera crescita personale e professionale: sento di non volermi più limitare alla sola comicità, ma di voler esplorare con maggiore continuità anche ruoli drammatici. Naturalmente, il comico resterà sempre una parte importante del mio percorso, ma sarà integrato ai ruoli drammatici, in un equilibrio che sento più vicino alla mia essenza artistica.

Il film è presentato fuori concorso al Venice Production Bridge. Che emozione si prova a portare una storia così importante in un contesto prestigioso come la Mostra del Cinema di Venezia?

Non avrei mai pensato di poter vivere questa esperienza! Portare una storia così importante in un contesto prestigioso come la Mostra del Cinema di Venezia, davanti a un pubblico e a distributori internazionali, è ststatmolto emozionante, tanto da non riuscire a trattenere le lacrime.

Il cast è ricco di nomi di spessore, da Ornella Muti a Lello Arena, passando per Antonio Catania e Massimo Bonetti. Che valore ha avuto poter lavorare al fianco di attori così navigati, quanto ha influito sul tuo lavoro?

Un vero onore poter recitare con tutti loro. Quando incontro attori di questo calibro cerco sempre di osservare, di ‘rubare’, i segreti del mestiere, perché ogni momento condiviso sul set diventa un’occasione di apprendimento preziosa. Al di là della grande professionalità, mi ha colpito profondamente la loro umanità, la disponibilità, il sostegno che ho percepito in ogni scena. Oltre ai nomi già citati, sento di essere grato anche al collega Massimo Bonetti per l’estrema bravura nell’interpretare Anesini.

Ha permesso a Gennaro di prendere vita con una verità e una profondità che da solo non avrei potuto raggiungere. Se me lo concedi, vorrei ringraziare anche il regista, Alessandro Bencivenga, che è riuscito a vedere nel mio sguardo quel lato drammatico che spesso rimane nascosto, ma che aveva bisogno di emergere.

Sei famoso per la verve comica che tutti ‘viviamo’ sui tuoi social. Pensi che il pubblico possa essere sorpreso o, se vogliamo, disorientato da questa sua nuova veste?

Spero che le persone, attraverso Gennaro, riescano a dimenticare il Paco che vedono sui social. Rappresenterebbe un risultato eccellente, perché significherebbe che sono riuscito a far vivere in piena regola il personaggio al di là della mia ‘solita’ immagine.

In futuro proverai a cercare un equilibrio tra ruoli comici e drammatici?

Cercherò di certo un equilibrio. Questa esperienza mi ha fatto riscoprire la forza e la profondità del drammatico, ma la comicità rimane una parte importante della mia identità artistica. L’obiettivo è integrare entrambe le dimensioni, lasciando che si nutrano a vicenda, permettendomi di crescere come attore.

Ritieni che un progetto come questo possa avere un impatto significativo nel riportare l’attenzione su tematiche storiche e sociali spesso dimenticate?

Questi film sono importanti proprio perché mantengono vivo il ricordo e alta l’attenzione su quelle che sono le tematiche fondamentali della nostra società. Portare sullo schermo storie che rischierebbero di essere dimenticate significa non solo fare memoria, ma anche stimolare una riflessione collettiva che può aiutarci a comprendere meglio il presente e a costruire un futuro più consapevole.

Alessia Giallonardo per LiveMedia24

Paco De RosaL'invisibile filo rosso